Lettera inviata da Cagliari il 23 maggio 1855. Piso ha intenzione, su invito del professore Meloni Baille, del professore Ugo e dell’attuale presidente del Consiglio Universitario cavaliere Don Pietro Leo, di concorrere per la vacante cattedra di Medicina teorico-pratica. L’intendimento di costoro è di rimuovere lo studio dei principi astratti di Cullen e Brown, e di inserire i risultati delle recenti scoperte scientifiche. Tale insegnamento gli consentirebbe di affrontare problemi pratici con cui superare l’aridità di un insegnamento teorico. Nel 1842 aveva accettato l’invito di passare alla cattedra di Notomia [sic!], ma oggi vi sono ottimi giovani che possono insegnarla, consentendogli di aspirare ad una cattedra superiore. Piso chiede a Moris di appoggiarlo.
Lettera inviata da Cagliari il 3 maggio 1852. Il figlio di Piso dovrebbe proseguire gli studi, però a Cagliari le scuole sono povere di mezzi e pertanto vi è l’intenzione di mandarlo nel continente a Torino per tutto il tempo necessario. Piso prega Moris di aiutarlo e di indirizzarlo con i suoi consigli. La situazione dell’Università a Cagliari è disastrosa, soprattutto per la divisione dei partiti che palmo a palmo si contendono il terreno. Da tempo Piso non partecipa al Consiglio di Facoltà e se ne sta tranquillo nell’esercizio della medicina.
Lettera inviata da Cagliari il 7 agosto 1849. Piso ha saputo dal professor Zucca che era loro stato negato il compenso sino allora ricevuto in qualità di direttore e conservatore del vaccino [antivaioloso]. E’ vero che il territorio di competenza è stato ridotto alla provincia di Cagliari, però il Consiglio di Sanità ha loro affidato altri incarichi assai onerosi. Piso pertanto non ritiene ragionevole che gli venga tolto l’assegno e prega Moris, quale membro del Consiglio superiore di Sanità, di aiutarlo.
Lettera inviata da Cagliari il 21 aprile 1840. Piso ha saputo che il censore all’Università Falqui Pes è stato l’unico ad ostacolare la sua domanda, opponendosi all’unanime sentimento in suo favore del Magistrato degli Studi. Ha perciò fatto ricorso al Primo Ufficiale del Ministero per gli Affari di Sardegna e al barone Manno, basandosi sulla legge che dice di promuovere alla cattedra lasciata scoperta i professori di cattedre inferiori, come è stato fatto per il professor Zucca promosso alla cattedra di Clinica. Piso si affida all’aiuto di Moris. Se non gli venissero riconosciuti i suoi diritti, è disposto a lasciare la carriera universitaria.
Lettera senza data e località di invio [il timbro postale è 22 marzo, Nizza Mar.]. Lo scrivente segnala a Moris un suo ex allievo, il dottore Francesco Antonelli di Novara, che desidera diventare socio corrispondente della Società medico-chirurgica, di cui Moris stesso è vicepresidente. Antonelli ha effettuato studi sulla clorosi.
Lettera inviata da Nova Friburg, provincia di Rio de Janeiro, il 6 gennaio 1849, con acclusa una lunga memoria e disegni sulle monocotiledoni, che Pinel vorrebbe presentare all’Accademia delle Scienze di Torino, sperando di diventarne socio corrispondente.
Lettera inviata da Nizza il 14 settembre 1855. Pierlas ha ricevuto da Lisa un elenco di piante disponibili per lo scambio. Ha anche visto nelle serre, però non disponiblie, un esemplare di Cycas circinnalis. Avrebbe però una pianta di eguale bellezza e valore da proporre in cambio, un magnifico Dion edule, di cui acclude uno schizzo con le varie misure. Avendo già Pierlas in piena terra una Cycas revoluta, l’acquisizione della nuova pianta gli consentirebbe di evidenziare la differenza tra le due. In uno spazio libero si legge, tra altri appunti, una frase di grafia Moris: “Dion edule, già lo possediamo”.
Lettera inviata il 28 giugno 1828 da Genova. L’avvocato Piccone di Cagliari ha acquistato Giurisprudenza Forense del signor Arrò, che si stampa a Torino alla tipografia Ghiringhelli e ha ricevuto i primi sei volumi. Essendo di passaggio a Torino ha conosciuto il signor Marietti, libraio sotto i portici di Po e distributore dell’opera, il quale gli ha fornito gli altri tre numeri, nell’ultimo dei quali era riportato tra gli acquirenti il suo nome, con la qualifica di prefetto di Genova. Probabilmente per un disguido, però, questi tre volumi gli sono stati recapitati una seconda volta, forse dallo stampatore Ghiringhelli stesso. Piccone prega Moris di adoprarsi perché possa restituire il doppione e riavere lire 19,50, essendo egli in condizioni economiche disagiate.
Lettera inviata da Genova il 14 luglio 1847. Peveraro è sbalordito per l’improvvisa morte di Genè, figura così bella e interessante. Il giorno seguente partirà per Torino con la diligenza. Non ha più ricevuto lettere dalla consorte, però ne ha avuto buone notizie dal collega signor Pittone.
Lettera inviata da Alessandria l’11 settembre 1842. E’ passata solo la metà del tempo che Peveraro deve trascorrere ad Alessandria, ma a lui sembra ne sia passata un’enormità, perché gli mancano la sua casa, le abitudini del luogo, gli amici, le novità e le distrazioni che rendolo piacevole la vita. Il motivo della lettera è il desiderio di avere notizie di Moris e della sua famiglia. Unica novità per Peveraro sono stati due grossi incendi, uno a Valenza che ha devastato una chiesa sconsacrata, piena di legname e di materiale facilmente infiammabile, l’altro in Alessandria, di una filatura attigua all’orfanatrofio di S. Giuseppe, anch’esso danneggiato. Spera di tornare presto a Torino e, dopo la lontananza, di apprezzare maggiormente i piaceri della città.
Lettera inviata da Trento, firmata anche dal fratello Agostino, il 4 novembre 1854. Gli scriventi comunicano a Moris di avere adottato il nuovo sistema di stampa [fisiotipia] del consigliere Auer di Vienna, di cui si dichiarano entusiasti. Dopo varie sperimentazioni i fratelli Perini sono riusciti a stampare una Flora dell’Italia Settentrionale, di cui inviano una copia a Moris. Le figure sono molto belle e di certo favoriranno l’avvicinamento di molte persone alla botanica [i due volumi si trovano nella biblioteca dell’Orto botanico di Torino]. Si chiede a Moris di accennare alla scoperta su qualche gazzetta torinese.