Lettera inviata da Dresda il 26 marzo 1852. Reichenbach ringrazia Moris per le notizie ricevute sulla Duchessa di Genova, la cui passione botanica è certo favorita in un paese come l’Italia. E’ contento che Moris, nonostante i suoi impegni pubblici, stia per pubblicare il terzo volume della Flora Sardoa. Reichenbach ha difficoltà a continuare Icones Florae Germanicae. Sarebbe contento di ricevere da Moris le piante originali che gli ha promesso. Per il momento continua ad occuparsi di ornitologia. Invia a Moris i quaderni ultimamente pubblicati e lo prega di farli avere ai direttori del musei zoologici del paese. Il figlio di Reichenbach è a Lipsia per approfondire gli studi botanici. A un anno dalla morte del professore Kunze, la sua cattedra è ancora vacante. La facoltà ha deciso di convocare uno straniero. Già in tre hanno rifiutato: Goeppert da Breslavia, Grisebach da Gottinga e Meisner da Basilea. Reichenbach ritiene che suo figlio, che sta collaborando alla sua opera, potrebbe essere adatto alla successione.
Lettera inviata da Dresda il 4 maggio 1845. Reichenbach ringrazia Moris per la buona accoglienza riservata al figlio durante il suo soggiorno a Torino. Esprime a Moris i ringraziamenti di tutti i lettori di Flora Sardoa, per essere stati illuminati sulle piante della Sardegna.
Lunga lettera inviata da Sassari il 20 agosto 1859. Lo scrivente espone a Moris le varie fasi della sua carriera. Dimissionario per mancanza di mezzi pecuniari dal posto di settore anatomico supplente a Cagliari, sostenne un concorso e fu nominato provvisoriamente incaricato di Anatomia a Sassari. Perché il posto è stato solo provvisorio? La situazione era simile a quella del dottor Falconi, il quale, pur dimissionario per le controversie con il professore Piso, dopo pochi mesi fu nominato definitivamente professore. A Randacio viene invece detto che deve sostenere un nuovo concorso, che gli è stato promesso e però non è ancora stato bandito. Tra le sue benemerenze Randacio può vantare anche quella di avere rimediato alla scarsità di cadaveri, eseguendo un gran numero di preparazioni in cera, soprattutto del sistema arterioso e nervoso, senza neppure un rimborso spese. Se non ottiene la cattedra nell’anno in corso, ha intenzione di concorrere a quella di Chirurgia teorico-pratica. Chiede a Moris di aiutarlo a rimediare all’ingiustizia.
Lettera inviata da Firenze il 5 novembre 1854. Pucci non ha notizie di una cassa che sarebbe dovuto arrivargli; ha chiesto anche a Lisa, il quale non gli ha risposto. Lo spedizioniere Mussino non ha inviato nessun avviso.
Lettera inviata da Giaveno il 12 ottobre 1856. Lo scrivente segnala a Moris un conoscente cui tiene molto, il teologo Brociero, il quale in base a una recente legge dovrebbe lasciare l’insegnamento, con una pensione purtroppo modesta, pari a due quinti dello stipendio. Provana chiede a Moris se non sia possibile assegnare al teologo un supplemento vitalizio.
Lettera inviata l’ 11 febbraio 1840 [da località ignota], ove lo scrivente chiede a Moris se il frutto fattogli pervenire sia della specie dei cotogni e se lo si possa mangiare senza pericolo.
Lettera inviata il 31 maggio 1860. La commissione dei proprietari di immobili di Villarbasse [dove Moris passa la villeggiatura] sollecita Moris a completare il pagamento della quota a lui spettante per il riordino della strada da Villarbasse a Rivoli, facendola pervenire al tesoriere teologo don Giusto Rinaldo.
Lettera inviata il 14 gennaio 1840, senza località di invio [si tratta certamente di Torino], spedita a nome di Bertini, preside del Collegio di Medicina dell’Università di Torino e di Gillio, già preside del predetto Collegio, nella quale si invita Moris a intervenire al pranzo del Collegio, che avrà luogo all’Hotel dell’Università.
Lettera inviata da Acqui il 29 aprile, senza indicazione dell’anno. Pozzolini si scusa con Moris per non essere potuto passare a riverirlo prima della partenza da Torino, a causa dell’improvviso trasferimento ad Acqui.
Lettera inviata da Castagnito d’Alba il 15 settembre 1847. Pozzi manda a Moris (o in sua assenza al dottore Delponte) un cestello di frutti di Sorbus alba, simili alle nespole. La pianta è l’unica superstite fra tre esemplari portati dalla Toscana mezzo secolo prima, sistemata nel suo giardino, alta cinque trabucchi e ora sofferente. Tutti i tentativi di riprodurla per seme, talea o polloni, sono stati vani. Pozzi prega Moris o Delponte di curarne la riproduzione e di inviargliene qualche copia. Il nome della pianta gli è stato riferito dal cavaliere Luigi Provana di Collegno, durante una sua villeggiatura a Guarene; egli non ne aveva mai viste in frutto in Piemonte. Si è in attesa di vedere arrivare il cavaliere Sismonda, dal ritorno dal suo viaggio in Francia, Savoia e Piemonte. Pozzi è ansioso di sapere come siano andate realmente le cose al congresso di Casale: ha avuto notizie contrastanti.